Amore mi ami “Ma quanto mi ami”
La miseria interiore
Passiamo gran parte del tempo dietro una maschera che ci impedisce di godere a pieno della vita.
Penso che siamo tutti d’accordo che non è il massimo dei desideri stare dietro a una maschera anzi, non lo è decisamente. Vi siete mai messi una maschera da bambini? Io sì, e me lo ricordo come era sgradevole vedere attraverso una piccola fessura, per non parlare poi del cattivo odore che inalavo.
Comunque, nonostante tutto, mi ricordo come ero contento di “soffrire” pur di somigliare, essere nella mia fantasia, il mio eroe preferito. Anche se il momento migliore era quando mi toglievo la maschera, e correndo a perdifiato senza nessun impedimento che mi limitasse la visione delle cose, raccontavo così al mio mondo di essere l’eroe dei miei sogni. Mi bastava e mi avanzava il ricordo di aver indossato quella maschera per farmi scoccare quella scintilla che creava il mio mondo fantastico.
Così mi pareva, e forse lo era veramente in quei momenti meravigliosi. Poi il sogno ha preso altre pieghe e le maschere sono state percepite come dei bisogni e non delle opportunità per avvicinarsi a ciò che siamo, e l’eroe in potenza dentro di noi è stato ingabbiato dalle consuetudini e dalle abitudini. Nel tempo, alcune maschere sono state riciclate ma altre sono ancora indossate come fossero una seconda pelle.
La maschera è un’immagine ideale con la quale vogliamo interagire con il mondo; cioè è come il mondo vogliamo che ci veda. Le maschere servono a farci vedere diversi perché non ci accettiamo abbastanza e quindi sentendoci sporchi, brutti e cattivi indossiamo altro per nasconderci e per continuare così ad agire indisturbati nella nostra melma che, come dice il filosofo, non è un granché però almeno non è fredda.
Molto probabilmente, come insegna Massimo Rodolfi, nei suoi corsi di meditazione, la maschera serve per nascondere e preservare quella spinta distruttiva che è collegata ad un passato che ritorna in una sorta di eterno presente. Il male è risaputo si traveste per confondere e portare così l’acqua al suo mulino. Riuscire a gettare la maschera non si può compiere in “quattro e quattr’otto”.
Dal momento in cui si capisce che la maschera ci impedisce delle opportunità, passerà del tempo prima di riuscire a stare bene con noi stessi per quello che siamo. Si tenderà a passare da una maschera ad un’altra, secondo le spinte presenti nella coscienza. Ma è un processo che porta verso l’unica strada possibile perché dopo che si è sentito il vento sulla faccia non si potrà facilmente smettere di continuare a cercare di riprovare quella sensazione costi quel che costi.
Da quando si inizia a percepire che la maschera ci sta stretta fino a quando si riesce a togliersela, è tutta esperienza che deve essere compiuta attraverso un sentiero spirituale. Questo processo che descrivo banalmente in poche parole, è alquanto intricato e radicato nella coscienza così profondamente che soltanto una percezione sufficientemente purificata può trovare il bandolo della matassa attraverso la realizzazione dell’anima.
Comunque, pur nella mia ignoranza, provo ad andare avanti e vediamo se tirerò fuori almeno un mignolo da quella melma di cui scrivevo qualche rigo prima. Ma almeno ci avrò provato. Se iniziamo a sentire l’odore nauseante della maschera forse è venuto il momento di provare a togliersela. Certo, a quel punto possiamo pensare di rimanere nudi, ma almeno l’eroe inizia a respirare a pieni polmoni, senza la maschera.
Per approfondire l’argomento sono disponibili i corsi di meditazione a cura dell’associazione Atman presente su quasi tutto il territorio nazionale ed in Svizzera. I corsi, tenuti da insegnanti diplomati alla scuola Energheia, sono pubblicizzati con l’indicazione delle varie località in cui si tengono sulla pagina web: https://www.yogavitaesalute.it/cerca-corsi-atman/ all’interno del portale della consapevolezza Yoga Vita e Salute.
Luca Tomberli